Rieti_90_convegno-Associazione culturale

90° nascita provincia di Rieti

STORIA E CULTURA DELLA PROVINCIA DI RIETI
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​​​​​​​La Provincia di Rieti è stata costituita il 2 gennaio 1927 (RD 10.5.1928) il suo territorio comprende i mandamenti di Rieti, Orvinio, Roccasinibalda, Poggio Mirteto, Fara Sabina, Magliano Sabina e il circondario di Cittaducale per complessivi 73 comuni, una superficie di 2749 kmq e una popolazione di 150.000 abitanti.
La sua fondazione non fu un mero atto amministrativo ma un atto di un processo storico che ci riporta al clima risorgimentale quando nel 1860 a seguito del plebiscito la Sabina reatina quale appendice dell'Umbria passa dallo Stato della Chiesa al Regno d'Italia (17.3.1861).
In sede di consiglio provinciale di Perugia  i tre consiglieri del municipio di Rieti: Palmegiani, Vicentini e Antonini chiedevano l'autonomia e il riavvicinamento a Roma per motivi storici, culturali, etnici e logistici. La risposta fu che soltanto quando Roma sarà proclamata Capitale si sarebbe provveduto nel senso prospettato. Così non è stato ed infatti il periodo che si evidenzia è molto lungo. Nel 1911 in occasione del 50° anniversario dell'Unità d'Italia si è ritornati sull'argomento anche in virtù della costituzione di associazioni che promuovono le autonomie locali vedi l'Anci, la Lega e l'Upi. Tra i sostenitori delle autonomie c'è il grande giurista V.E. Orlando che nel 1917 afferma: "La provincia italiana ha creato tradizioni, così la provincia ha una forma naturale etnica storica, la sua associazione può costituire la base regionale". 
Ma nel frattempo dal patriottismo si è passati al nazionalismo e dopo la Grande Guerra i Fasci di Combattimento di mussoliniana memoria avanzano sempre di più. 
In questo scenario si costituisce l'Unione Sabina che sarà attiva dal 1922 al 1944 un movimento culturale che riunisce varie personalità e si adopera per la fondazione di una Provincia di Rieti.
Nel 1925 l'Unione tiene al Campidoglio un congresso di tre giorni nel quale pone le basi della Provincia, l'iniziativa ha l'attenzione istituzionale ed in modo specifico di Mussolini che vede in essa lo strumento per realizzare quel controllo del territorio che il suo regime intende attuare con lo stato totalitario. La Provincia di Rieti disegna la regione Lazio. Nel suo programma l'Unione si fa interlocutore delle istituzioni: studia il territorio che ha necessità di infrastrutture,  studia la storia coinvolgendo la scuola per creare una classe dirigente, indica una struttura tecnico-amministrativa ai Comuni.
L'Unione sfrutta il particolare dell'influenza della Sabina nella storia dell'antica Roma perché questo è anche il richiamo del fascismo all'impero romano. 
La Sabina nell'impero romano era una provincia autonoma, nella riforma di Diocleziano che aveva diviso l'Italia in 12 province la Sabina era la V insieme alla Tuscia e all'Umbria. Con la caduta dell'impero e l'invasione dei Longobardi in Italia che avevano creato un regno e ducati come quello di Spoleto la Sabina reatina si era ritrovata quale parte dell'Umbria. Con il sorgere dello Stato pontificio la Sabina ebbe l'amministrazione dei Difensori del Territorio (590-939) il Governo dei Rettori (939-1605), dei Presidi (1605-1799) del Collegio dei Nobili Sabini (1800-1861). 
Durante il periodo dei Rettori che Leone X volle dare uno stemma ed un motto alla Sabina: uno scudo con campo verde, banda blu-amaranto attraversata diagonalmente da una fascia con anelli concentrici bianco-rossi ed il motto Tota Sabina Civitas che i nobili sabini nel 1800 cambiarono con quello attuale campo rosso con fascia diagonale anelli concentrici intervallati dalle lettere SPQS in oro. Le lettere erano un privilegio con la città di Roma. 
Tutto questo appartiene alla storia e alla cultura della Provincia di Rieti ma anche alla sua attualità  per quello che stiamo vivendo.
"La Sabina terra classica e bellissima" scriveva nel 1957 Guido Piovene oggi ci interpella tra passato e futuro, ci chiama tutti a raccolta perché stiamo vivendo un periodo di cambiamento, di transizione in cui la globalizzazione e l'internalizzazione ci dicono di non rimanere immobili o spettatori perché altrimenti subiamo. Possiamo ascoltare ma dobbiamo e possiamo agire.
Segno di questa epoca nuova e nuova epoca è la presenza in Diocesi di sacerdoti che vengono da tutti i continenti, del progetto Erasmus che porta i nostri studenti a studiare all'estero e studenti esteri a studiare la nostra storia o cultura...
La riforma dei ministri Del Rio del 2014 "riordino enti locali" e di Madia del 2015 "riorganizzazione della Pubblica Amministrazione" preceduta dalla Legge di Stabilità del 2011  hanno modificato il ruolo-funzione della Provincia dopo che da molti anni si era   tentato  la costituzione di una associazione intercomunale Rieti-Viterbo nel 1975 e in sede parlamentare si era presentato un disegno di legge sulla eliminazione delle province. Nel 1960 un convegno economico provinciale tenuto a Rieti aveva trasformato la Provincia in un caso nazionale (il territorio descritto come povero, arretrato, svantaggiato, depresso) da agrario ad industriale. Oggi abbiamo superato il post-industriale e siamo nel terziario. Dobbiamo pensare ed inventare il futuro.
La Sabina è la terra di antiche diocesi con i suoi martiri, dell'abbazia di Farfa, del cammino di san Francesco, di monumenti medievali, del Terminillo, di tradizioni contadine, della ruralità, della natura, dell'olio d'oliva, delle sagre, di personaggi come Mattia Battistini, Nazzareno Strampelli, Agostina Pietrantoni, Lamberto Vignoli, Oliviero Savini Nicci, Massimo Rinaldi, Attilio Verdirosi...
La cultura di ieri si è contaminata con il mondo contemporaneo, nuovi linguaggi e nuovi materiali, e la pubblicità della Rai per le zone terremotate fa appello alla cultura... "la ricostruzione inizia dalla cultura". Sono passati trenta anni da quando ci fu l'iniziativa detta "giacimenti culturali" che consentì ai giovani di fare progetti culturali per lavorare. Quando abbiamo costituito la nostra associazione la Provincia fu il primo riferimento con cui dialogare: ricordo quanti fecero l'esperienza di assessori alla cultura: Antonio Benigni, Emilio Di Janni, Tersilio Leggio, Giuseppe Rinaldi... Quale era la percezione della cultura di allora? Era quella di scoprire quello che non sapevamo, era di conservare e trasmettere la memoria, era di valorizzare tutte le potenzialità che il territorio, le persone, le organizzazioni e le istituzioni presenti avevano ed aspettavano di essere orientate. 
Significava parlare con i vecchi di quello che ricordavano, significava collegare le generazioni, significava chiamare le nuove generazioni a partecipare e non essere indifferenti alla politica, alle opportunità di lavoro, ad educarsi al territorio e al suo patrimonio culturale ed umano. 
Quale è oggi la percezione della cultura? Avverto oggi un individualismo che devasta. Non basta internet o il telefonino, la televisione o quella roba che sembra dare tutto e poi? Niente può sostituire il rapporto umano con la nostra intuizione e questa ha bisogno di cultura, di storia, di lavoro, di politica. 
Il lavoro rimane il primo punto per tutti oltre ad ascoltare e studiare il territorio nel quale oggi ci sono presenze nuove: religioni, lingue e culture diverse. E' la cultura che ci consente di dialogare con altre culture per pensare e costruire. Noi siamo forti quando pensiamo. 
Affermare un modello territoriale integrato con alleanze tra persone ed istituzioni può iniziare con microgetti e microcredito, inserire la storia locale nei piani formativi scolastici, educarsi al diritto, chiedere più informazione e comunicazione alla Rai locale, attivare decentramento universitario nel territorio, inserire l'agricoltura in rete per forme di collaborazione-partecipazione per essere tutelata dai fenomeni dei cambiamenti climatici. Sono alcune idee.
La Provincia in questo scenario nuovo può essere chiamato ad essere un centro di orientamento, un osservatorio sociale, un centro di studio, di elaborazione. Così come si evolve la struttura provinciale deve - può evolversi la struttura comunale per stare al passo. 
Ho invitato i giovani a studiare la storia, ad occuparsi di politica, a creare cultura perché il territorio va custodito e valorizzato ma soprattutto perché al centro di tutto c'è la persona con la sua dignità e libertà. Ammiro quelle persone che davanti alle macerie e alle ferite del terremoto, con la loro semplicità ed umiltà, sono rimaste in loco. Questo convegno con questi nostri pensieri vuole essere un contributo alla loro speranza. La storia non è finita ma continua e ci dice che le sfide vanno affrontate. 

Umberto Massimiani

 Scandriglia (RI) - Mentana (RM)
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