Beato Bonaventura-Associazione culturale

 

INTERVISTA SUL BEATO BONAVENTURA GRAN da BARCELLONA ofm (1620-1684)

in occasione de


ANNO GIUBILARE BONAVENTURIANO 1662 - 2012
(350° DI FONDAZIONE DEL RITIRO)


di
Umberto Massimiani

Chi è il beato Bonaventura da Barcellona? 
Il beato Bonaventura è un frate francescano spagnolo, all’anagrafe Michele Battista Gran, nato a Riudoms (vicino Barcellona) in Catalogna (capitale Barcellona) il 24 novembre 1620 e ritornato alla casa del Padre il 11 settembre 1684 mentre si trovava a Roma nel convento del Palatino di San Bonaventura da Bagnoregio (dal 1972 il corpo è stato traslato a Barcellona). 
E’ il fondatore dei conventi di ritiro nella provincia romana dei frati minori dei SS. Apostoli Pietro e Paolo.
E’ stato definito: apostolo di Roma, frate santo, pellegrino, riformatore, maestro di spirito.
Proclamato venerabile il 15 agosto 1775 durante il giubileo e beato il 10 giugno 1906.
Il 9 dicembre 1909 è stato ripreso il processo di informazione per la canonizzazione.
La prima biografia del beato è del 1723 curata dal P.Francesco Galluzzi S.J.; poi nel 1786 da Fr. Luigi da Roma ofm; e successivamente nel 1901 da Fr. Emilio Crivelli, nel 1906 da P.Ciro da Pesaro ofm e da P. Leonardo Baroncelli da Pofi ofm; ed infine alcuni studi di P.Antonio Wallenstein ofm nel 1950 ed a P.Tommaso Maggi ofm nel 1970. 
La sua iconografia è stata oggetto di studio dello scultore belga Arnold Van Westerhout (1651-1725) e dell’incisore John Colin che lo ritrassero con le mani conserte. Nel giorno della beatificazione il prof. Tommaso Senatori dipinse il miracolo di Marsiglia e il com. Virginio Monti curò lo stendardo dal titolo ‘la gloria del beato’ in cui gli angeli suonano la lira e sorreggono il libro degli statuti del ritiro (ad imitazione della gloria di San Leonardo di Pietro da Copenaghen).
Nel 1984 Francesca Angeloni lo dipinse ponendogli tra le mani San Francesco.

E’ una figura del XVII secolo, come inquadrarlo storicamente? 
La sua figura si colloca nel ‘seicento’, al centro dell’età moderna (1492-1789) in cui tra guerre, carestie, epidemie, fame e alte mortalità nel suo paese di origine, la Spagna vive il secolo della decadenza e in Europa l’assolutismo monarchico combatte per la supremazia di nuove potenze determinate dalla pace di Westfalia del 1648 in cui si inizia il disegno di ‘Stato’ ma anche a delineare il confine tra sfera religiosa e sfera laica. 
E’ il secolo in cui la Chiesa vive un nuovo capitolo: la fondazione di Propaganda Fide, definita da Paolo Vi come una pietra miliare nella storia della Chiesa, lo sviluppo delle confraternite, lo svolgimento di ben 43 giubilei straordinari….e la minaccia del pericolo turco. 
Per lo storico francescano Lazaro Iriarte ofm cap. questo secolo è inserito in quel periodo di tempo che egli ha chiamato ‘ il tempo delle trasformazioni all’interno dell’Ordine stesso. 
L’Ordine francescano fotografato in quel periodo aveva tre famiglie:i conventuali, i cappuccini dal 1525 e gli osservanti, dal cui seno si svilupparono movimenti di riforma sull’interpretazione della Regola contro la mondanizzazione dell’Ordine.
In questa prospettiva il beato Bonaventura ha dato un contributo di riforma con la creazione dei conventi di ritiro.

Ma come si arriva a questo e quale è stato il suo cammino? 
Il beato Bonaventura all’età di 8 anni dovette lasciare la scuola ed essere pastore di gregge per obbedienza ai genitori e così ancora all’età di 18 anni contrarre matrimonio. 
Di comune accordo con la moglie, vissero in castità e l’anno dopo rimasto vedovo chiese ed ottenne di entrare nel noviziato dei Recolletti a Escornalbon in Catalogna. 
Il giorno di San Bonaventura da Bagnoregio il 14 luglio 1640 prese l’abito e il nome del santo. 
Qui per undici anni (1640-1651) esercitò i suoi uffici: cuoco, catechista dei bambini, portinaio, questuante, infermiere ed eremita in un romitorio. 
I suoi modelli furono: il missionario Nicolas Del Puerto detto San Diego d’Alcalà (1400-1463), l’ex benedettino San Salvatore d’Horta (1520-1562), San Pasquale Baylon (1540-1592) proclamato patrono dei congressi eucaristici nel 1897, San Pietro d’Alcantara (1499-1527) proclamato patrono delle guardie notturne. 
Sono figure umili ma forti nello spirito. In modo particolare San Pietro d’Alcantara scalzo ed eremita, fa memoria della Passione di Cristo, pianta croci dopo la missione.
Il beato Bonaventura è affascinato dai ‘sacri monti o calvari o santi deserti’ di cui la Spagna vanta una vasta fioritura, tra l’altro il santuario della Madonna di Monserrat in Catalogna, di cui lui è devoto, ha intorno al santuario ben tredici eremi e proprio qui Sant’Ignazio di Loyola (1491-1556) all’atto della sua conversione venne a ritirarsi.
Alcuni anni prima nel 1626 a Roma era stato pubblicato il libro di P.Antonio Daza ofm che stabiliva la via crucis in quei ritiri e forse in questo clima si è attribuito al beato Bonaventura un ‘Officio De Passione Domini’ consistente in un insieme di riflessioni ed esortazioni. 
Nel suo pellegrinaggio intrapreso nel 1658 che lo porterà da Barcellona a Roma, passando per Marsiglia, Genova, Loreto ed Assisi è ispirato da apparizioni mariane e dalle voci di San Francesco e del crocifisso a maturare la fondazione dei conventi di ritiro quale istituto di perfezione.


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Perché in Sabina il convento di ritiro? 
Nella domanda che il beato Bonaventura ha presentato alla Congregazione deputata a questo, la scelta è caduta sul convento di Ponticelli Sabino dove il 25 novembre 1662 il beato faceva il suo ingresso con i primi frati. 
Non è una data casuale ma dettata dal fatto che in quel giorno, festa di Santa Caterina della rota o dei funari o di Alessandria, i cordigeri ricevevano l’abito e il cingolo. Una data simbolica. 
La Sabina ha provvidenzialmente offerto il paesaggio e l’ambiente adatto a questo istituto che veniva a collocarsi tra Roma e la Valle Santa di Rieti oggi Cammino di Francesco. 
Qui il beato si è potuto formare e con equilibrio ha saputo intervenire sulle riforme in atto all’interno dell’Ordine. Per cui il risultato è stato un benefico innesto nell’albero francescano e dall’altro forse ha anche arginato la ‘soppressione innocenziana’. 
Il beato Bonaventura ha portato con se in Sabina le usanze catalane e la devozione ai santi spagnoli ricordati prima e quella devozione mariana che vuol dire: abbattere i vizi e fomentare le virtù.

Che cosa è il ritiro? 
Il ritiro è un istituto di perfezione della vita cristiana (direzione, guida spirituale) detti anche ‘sacri recessus o santi deserti o istituti di recollezione’. Esso attualizza, vivifica il deserto, il getsemani, la via crucis, la Verna di San Francesco.
In esso si conduce vita ritirata e contemplativa; si misura e si valuta la vocazione, il progetto di vita.
Attraverso lo statuto e il regolamento il beato Bonaventura dette dignità canonica a questo istituto che dall’approvazione del 30 agosto 1662 (decreto del pontefice Alessandro VII ‘Ecclesiae Catholicae Regimini’) si mantenne fino all’Unione Leonina del 1897. 
Il beato Bonaventura a Santa Maria delle Grazie rimase per dieci anni (1662-1673) a piedi nudi, con un piccolo cappuccio, non ebbe privilegi ma era un frate come gli altri e per questo serviva come cuciniere, si ritirava nei romitori (San Francesco scrisse la De Religiosa Habitatione in Eremo quale completamento della regola) visitava i paesi circostanti per comporre dispute e portare pace. La sua cella aveva un pagliericcio. 
Al ritiro si chiede: perpetuo e rigoroso silenzio, totale ritiratezza dal mondo, assidue e devote salmodie, frequente e fervida preghiera, lunga meditazione, anguste cellette, breve riposo e sopra un duro pagliericcio, rigide mortificazioni, aspre penitenze, orridi cilizi, somma prudenza, accorta vigilanza, continui digiuni, fraterna carità, angelica devozione, amministrazione dei sacramenti, memoria della passione, contemplazione.
In sintesi: povertà, preghiera, penitenza, predicazione.

Ci sono memorie del ritiro? 
Lo storico francescano Bernardo da Lisbona scrive: “ …il silenzio era perpetuo, la ritiratezza singolare, il coro assiduo, l’orazione frequente, la mortificazione esemplare che era cosa prodigiosa come venivano assistiti dalla divina provvidenza i 25 religiosi, quando prima appena 12 vi potevano vivere”. 
E del beato Bonaventura si diceva: “..carità di fratello, amore di padre, zelo e vigilanza di pastore ecco Bonaventura”. 
I frati del ritiro venivano da ogni provincia. Dopo Santa Maria, furono fondati i ritiri di: Sant’angelo a Montorio Romano nel 1666, San Cosimato a Vicovaro-Rm nel 1668, San Bonaventura a Roma nel 1677, San Pietro a Pofi-Fr nel 1700 e S.Maria delle Grazie a Vallecorsa-Fr nel 1703.
Nel 1845 i ritiri furono eretti in custodia con autonomia di governo. 
Con i conventi di Firenze (1708-1782) e Prato (1712-1782) uniti ad essi si costituì la Riformella fino al 1897 anno dell’Unione Leonina delle famiglie francescane.
Gli statuti del ritiro sono stati pubblicati nel 1666 e 1685 per essere in vari periodi ripresi e commentati come nel 1752, nel 1869 e nel 1959.

Il ritiro è attuale? 
A volte sentiamo dire: ‘La squadra è in ritiro’ oppure ‘il manager si è ritirato in convento o in una abbazia’ per recuperare le energie, etc 
I nuovi movimenti ed associazioni ecclesiali hanno il ritiro. La realtà sociale tende sempre più a separarsi dalla spiritualità. La confusione e la velocità attuale svuotano ogni cosa.Allora in questo il ritiro è attuale perché porta con se un catalogo:vocazione, spiritualità, virtù mariane come esempio , zelo, santità, contemplazione, metodo, obbedienza, tempo, regola. 
Il ritiro è necessario perché è necessaria la contemplazione ed essa è il dialogo intimo con Dio che va al di là delle tecniche e delle manifestazioni sensibili. La contemplazione è necessaria perché è sorgente per un’azione autentica di promozione umana. Entrando nella contemplazione, il contemplativo è libero dal tumulto della vita per immergersi in Dio. Alla luce di Dio, egli è capace di vedere i problemi del mondo nella loro radice e di impegnarsi per loro con la forza di Dio.

Quale senso dare alla festa del 350° anniversario della fondazione del ritiro? 
La festa dei santi proclamano le meraviglie di Cristo nei suoi servi e propongono esempi da imitare. 
E poi c’è sempre quell’enciclica ‘Fides et Ratio’ del beato Giovanni Paolo II che dice in un passaggio: “ E’ ora che l’esperienza e il pensiero dei santi siano più attentamente e sistematicamente valorizzati per l’approfondimento delle verità cristiane “. 
Ed ancora è un completamento dell’attività pastorale del santuario di Santa Maria delle Grazie. 

Il Santuario e il beato Bonaventura: quale relazione? 
La relazione è molta stretta. Nella storia del santuario che io ho distinto in tre periodi: Amadeiti (1478), Riformati (1602) e Minori (1897) è rilevante come il periodo dei Riformati si identifica con il Ritiro stesso. Questa relazione conferma quanto più volte detto e cioè quello di rileggere e riscoprire la storia del santuario, la storia del francescanesimo e la storia della Chiesa.
All’interno del santuario restaurato il quadro del beato Bonaventura insieme ad una reliquia ossea è nella parete del pulpito ligneo. 
“ I santuari sono luoghi dell’essenziale dove si va per ottenere la grazia prima ancora che le grazie ” 
diceva il beato Giovanni Paolo II a cui fa eco l’espressione del cardinale J. Ratzinger oggi Benedetto XVI “ I santuari all’interno della Chiesa sono come dei fari che spandono la luce attraverso la loro stessa presenza ”. 
La presenza non è un semplice ‘essere in un luogo’ ma relazione che consiste in un rapporto spirituale, intessuto d’amore, di parole e di silenzi. Questo è ancora il messaggio del beato Bonaventura.

 
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